I timori restano Le ragioni di un accordo Il presidente del Consiglio italiano ha fatto bene a recarsi a Gerusalemme, primo leader europeo, dopo l’intesa siglata a Vienna sul programma nucleare iraniano, per rassicurare il governo. L’amicizia dell’Italia nei confronti dello Stato ebraico, non è in discussione e proprio perché anche noi pensiamo come Renzi che nessun compromesso sia possibile sulla sicurezza d’Israele, non crediamo che quello di Vienna comporti una minaccia. L’intesa con l’Iran sul nucleare è un’occasione per mutare lo scenario del medio oriente. Non escludiamo affatto che possa essere sprecata, ma sarebbe stato un errore non averla tentata, a maggiore ragione se la ratio estrema dovrà essere la guerra. Netanyahu, lo abbiano ascoltato, ha davanti agli occhi ancora l’esempio del fallito accordo con la Corea del Nord. Il paragone non è calzante. La Corea del nord vive un misero isolamento temperato soltanto dalle relazioni con la Cina. Salvo la passione del giovane Kim per il basket non c’è una volontà di distensione con l’occidente, senza contare l’ipotesi, piuttosto probabile, che la leadership familiare dei Kim sia turbate da inquietudini psichiche innescatesi su un modello autoritario asiatico. L’accordo con Pyongyang fu un puro azzardo. Quello con l’Iran nasce in un contesto diverso, ovvero dal fatto che dal 2001 in avanti molti nemici dell’Iran sono diventati nemici degli occidentali e che i motivi di un’avversione politica per Israele da parte degli ayatollah riposa principalmente sulla propaganda. Non che sottovalutiamo l’integralismo religioso degli sciiti, solo che questo si misura con problemi molto più gravi, come il conflitto con i sunniti e le relazioni che Teheran ha intrapreso con la Chiesa cattolica e con molte democrazie occidentali, poggiano su un fondamento di una grande realtà nazionale che nella sua storia non trova solo fanatismo e dittatura. Le radici culturali dell’Iran sono molto più complesse della Corea del Nord e persino dell’Arabia saudita che pure è un alleato degli americani. Non chiediamo al governo israeliano di avere fiducia, al contrario, pensiamo che debba continuare a diffidare. Netanyahu deve però sforzarsi di capire l’importanza di provare a far germogliare qualcosa di diverso nella grande nazione iraniana del semplice e stereotipato odio anti americano e anti israeliano con cui il regime dei mullah l’ha caratterizzata. Se non ci riusciremo si combatterà con la determinazione di chi le ha provate tutte per evitare un conflitto diretto. Roma, 22 luglio 2015 |